venerdì 23 gennaio 2015

Ciò che resta di un tempio

Il tempio di Antonino e Faustina (foto M. Gradozzi)
I giganteschi blocchi di peperino che delimitano i muri perimetrali dell'antico tempio di Antonino e Faustina (II secolo d.C.) fanno ormai parte della nostra memoria fotografica, associati al concetto (gradevole) di antichità. Tuttavia, basterebbe immaginare le nostre abitazioni prive del rivestimento in cortina o dell'intonaco per comprendere che, in realtà, degli edifici antichi conosciamo solo le rovine. Nel VII secolo un gruppo di Canonici devoto a S. Lorenzo si stabilì all'interno delle strutture del tempio; in seguito fu creato l'adiacente monastero di Miranda.

Il tempio di Antonino e Faustina nel 1575 (Duperac)
La prima documentazione relativa allo spoglio dei materiali pregiati del tempio è datata all'epoca di papa Urbano V (1362-1370), quando i marmi del timpano furono impiegati nel restauro del Palazzo Lateranense. Nel 1429 papa Martino V affidò la chiesa (e il tempio) al Collegio degli Speziali. Nel 1542, all'epoca di papa Paolo III (1534-1549), fu spogliato il muro templare che guarda verso la Basilica Emilia; il materiale ricavato ("17 carrettate di marmi e travertini"), che fruttò "Scudi 17,8 a Angiolo Mancini, guardiano Societatis Aromatariorum", venne utilizzato nella fabbrica di S. Pietro. Nel 1602, per reperire i fondi necessari alla costruzione della nuova chiesa di S. Lorenzo in Miranda, fu spogliato dai marmi il muro templare superstite, quello di fronte al convento dei Ss. Cosma e Damiano.

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