venerdì 16 settembre 2016

L'Orto Botanico del Celio

La Casina progettata da Gaspare Salvi
(foto Marco Gradozzi)
Chi è solito prendere il tram 3 (direzione di marcia Trastevere-S. Giovanni) conosce bene quell'edificio dall'aspetto rinascimentale che si nota sulla destra, quando, in prossimità del Palatino, le rotaie lasciano via di S. Gregorio per scavalcare il versante nord-occidentale della collina del Celio. L’edificio in questione è la Casina progettata dall'architetto Gaspare Salvi, e quel tratto di strada, denominato viale Parco del Celio, è in realtà uno sgarro urbanistico dei primi anni del Novecento che ha trasformato un’area verde molto conosciuta (il cosiddetto Orto Botanico del Celio) in un “grande nulla”.

L'area in cui i francesi scaricarono la
terra proveniente dagli scavi dell'area
archeologica (Google Earth)
All'epoca della Roma imperiale le pendici del Celio delimitate da via di S. Gregorio erano occupate da un quartiere i cui resti furono rinvenuti in varie occasioni tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento (costruzione del collettore tra il Colosseo e il Circo Massimo; metropolitana). Nel Cinquecento l’area tra il Tempio di Claudio e via di S. Gregorio fu acquistata dalla famiglia Cornovaglia che la trasformò in vigna; tra il ‘500 e l’800 la proprietà fu scavata in varie occasioni, restituendo tesori artistici di inestimabile valore (ad esempio la Venere Capitolina scolpita da Menofanto). All'inizio dell’Ottocento i francesi di Napoleone occuparono Roma (1809-1814); fu in questa fase che nacquero molti progetti per migliorare l’aspetto e la fruizione della città (ad esempio la creazione del Cimitero del Verano). Tra le tante idee, la creazione del “Jardin du Capitole”, un luogo in cui sarebbe stato possibile “passeggiare” tra le rovine del Palatino, del Foro Romano e del Colosseo. Dovendo assolutamente trovare un luogo in cui scaricare la terra scavata, l’Amministrazione francese decise di acquistare nel 1812 la vigna Cornovaglia. Quando nel 1814 i francesi lasciarono Roma la terra scaricata nella vigna Cornovaglia aveva originato una terrazza artificiale alta ben 18 metri; col passare degli anni il luogo divenne un vero e proprio giardino, senza tuttavia alcuna progettazione in tal senso.

Il giardino del Celio denominato Orto
Botanico in una mappa dell'Ottocento.
Nel 1835 Gregorio XVI (1831-1846) assegnò all'architetto Gaspare Salvi il compito di ampliare la «Passeggiata Pubblica detta anche Orto Botanico sul Celio». Quando mise mano al progetto Salvi tracciò sull'area interessata alcuni viali; al limite di uno di essi fu costruita la Casina. Dopo la prima guerra mondiale il parco fu irrimediabilmente danneggiato dalla costruzione della linea tranviaria che lo divise in due parti. Per comprendere la particolarità del luogo riporto la testimonianza dello scrittore romano Augusto Jandolo (Gli ultimi romani, 1911): «Questa è una villa portentosa; io la chiamo la Svizzera romana. Dove trova un luogo più bello, più ombroso, più arieggiato di questo? … Con a destra il Colosseo, a sinistra le terme di Caracalla, di faccia il tempio di Venere e Roma?».

La Casina di Gaspare Salvi. Le rotaie
del tram e la strada hanno distrutto
il parco (Google Earth).
Per quanto riguarda il nome “Orto Botanico” bisogna ricordare che il primo Orto Botanico di Roma era nato nel XIII secolo nei giardini vaticani (dal 1660 al 1820 fu spostato nel giardino dietro la Mostra dell’Acqua Paola sul Gianicolo). Il fatto che il giardino sul Celio avesse la stessa denominazione potrebbe forse essere spiegato con l’esigenza da parte dei francesi di realizzare in quell'area “cittadina” un Orto Botanico fuori dall'orbita religiosa.

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