mercoledì 19 dicembre 2018

Eppur si muovono ... una premessa

Pianta di Roma di Antonio Tempesta (1606)

Quando si parla di Roma una delle definizioni più utilizzate è “la Città Eterna”. È tutto vero, e una delle spiegazioni è in uno studio che nelle prossime settimane pubblicherò su questo blog. La frase "Eppur si muovono" si riferisce ai numerosissimi elementi architettonici di Roma che da secoli sono in continuo movimento. Nessuna città al mondo ha visto simili spostamenti: fontane, portali, obelischi, statue, facciate di palazzi … addirittura edifici trasportati altrove. Sono sicuro che più di qualcuno resterà sorpreso nel conoscere l’originaria collocazione di monumenti notissimi, collocati molti secoli fa in tutt’altro luogo. Ora vorrei parlare di noi; la romanità è un modo di essere,  è lo stato d'animo di chi ha già visto tutto perciò non si stupisce più di niente; conosciamo la nostra città, rispettiamola ed amiamola. Concludo rivolgendo un pensiero ai denigratori della Capitale: la vostra maldicenza nasce da un complesso di inferiorità permanente e incurabile. Roma sarà sempre magnifica e meravigliosa, nonostante le buche, i politici e tutte le  sue (infinite) miserie.

A presto

venerdì 20 aprile 2018

XXI aprile ... Roma e basta

L'ansa del Campo Marzio (da Google Earth)
La Storia mi appassiona e purtroppo la Storia è maestra di vita. Il suo insegnamento non lascia scampo: l’uomo non cambierà mai. È inutile sperare in un mondo migliore, i genocidi c’erano diecimila anni fa e continuano impunemente ancora. Non provo più alcun interesse per le passioni di un tempo ma c’è sempre una luce che illumina la mia esistenza: Roma. È bellissimo studiarla in tutte le sue epoche, immaginarla senza automobili in giro, percorrerla in lungo e in largo dall’alba al tramonto, esplorarla addirittura sotto il piano stradale. Roma è la mia sicurezza; se sono triste mi basta salire sul Gianicolo al tramonto e guardare l’ansa del Campo Marzio sottostante, cercando di riconoscere palazzi e piazze. Cara Roma, il XXI aprile sarà il tuo compleanno, perciò ti regalerò, come ogni anno, un pezzo di cuore.

martedì 27 marzo 2018

Una cura d'altri tempi


A volte gli antichi libri di storia restituiscono leggende che rivelano abitudini davvero bizzarre. Nel V secolo a.C. lo storico Erodoto raccontò la strana vicenda del sovrano egizio Ferone/Nencoreus (Storie, II, 111), figlio di uno dei tre faraoni denominati Sesostri, appartenenti alla XII dinastia (1991-1786 a.C.). Un giorno Ferone stava navigando sul Nilo con la sua imbarcazione quando, innervosito dalle acque agitate e dall’osservazione dei danni causati dalla piena del fiume, scagliò in acqua una lancia. Il Nilo non la prese bene e così Ferone divenne cieco. Trascorsi dieci anni un oracolo incontrò il sovrano, informandolo che per recuperare la vista avrebbe dovuto bagnare gli occhi con l’urina di una donna che avesse avuto rapporti solo con il proprio marito. Essendo sposato, il faraone immaginò che la guarigione fosse a portata di mano, tuttavia, dopo aver bagnato gli occhi con l’urina della moglie non accadde nulla, allora provò con molte altre donne finché trovò quella giusta, riacquistando la vista. Inutile dire che la moglie e le altre donne, tranne l’ultima (che sposò) furono allontanate. Per la grazia ricevuta il faraone fece innalzare nel santuario di Ra a Eliopoli due obelischi alti 45 metri (100 cubiti). 

Obelisco del Circo di Caligola
(foto Marco Gradozzi)
E Roma che c’entra? Roma c’entra sempre, infatti, lo storico Plinio il Vecchio (†79 d.C.) scrisse nella sua magnifica Naturalis Historia (XXXVI, 74) che uno dei due obelischi fatti innalzare da Ferone «è a Roma, in Vaticano, nel Circo di Caligola e Nerone». Non ci sono fraintendimenti, stiamo parlando dell’obelisco portato a Roma all’epoca di Caligola (37-41 d.C.) che nel 1586 papa Sisto V fece collocare di fronte alla basilica di S. Pietro.